Okinawa – itinerario storico sulle tracce della Battaglia di Okinawa

Okinawa è una piccola isola di 1200 km quadrati situata 600 km a sud del Giappone nell’Oceano Pacifico.

L’isola è oggi meta di turismo, in particolare asiatico, per via dei suoi incantevoli paesaggi e le sue bellissime spiagge, oltre che per la presenza di una barriera corallina integra; ma Okinawa ha anche una lunga storia da offrire, testimoniata ancora oggi da numerosi siti di interesse e musei rievocativi.

Okinawa è oggi parte del Giappone, ed è l’isola principale dell’omonima prefettura di Okinawa, che comprende anche le altre isole che un tempo formavano il Regno delle Ryukyu.

Questo regno fu indipendente fino al XIV secolo, successivamente, rimase formalmente indipendente ma costretto a pagare tributi sia alla Cina che al Giappone (fino al XIX secolo), infine nel 1879 fu oggetto della politica espansionistica Giapponese che approfittò dell’indebolimento della Cina.
L’isola di Okinawa fu teatro della famigerata “Battaglia di Okinawa” (iniziata l’1 aprile 1945, col nome di “Operazione Iceberg”) questa isola venne devastata dallo scontro tra le forze giapponesi e statunitensi, la metà della popolazione civile perse la vita e le città furono rase al suolo dai bombardamenti a tappeto.

La battaglia fu una delle più crude dell’intera Seconda Guerra Mondiale, vi furono numerosi atti di eroismo e sacrificio, si contarono più di 1900 attacchi suicidi (via aria,terra e acqua… i famosi Kamikaze) da parte dei soldati giapponesi e degli abitanti locali, nel disperato tentativo di fermare l’invasione.

 

I luoghi della Battaglia di Okinawa

Diversi luoghi simbolo di questa terribile battaglia sono visitabili ai giorni nostri, e vogliono essere una testimonianza della brutalità della guerra ed un monito alle generazioni future.
La Battaglia di Okinawa fu una battaglia cruciale per l’esito della guerra: gli americani combattevano per conquistare un’ottima base d’appoggio per la successiva invasione del Giappone, mentre i giapponesi combatterono letteralmente fino all’ultimo uomo, per prolungare il più possibile questa guerra per dare più tempo alla madrepatria per preparare le difese.
L’incredibile audacia e fanatismo dei soldati giapponesi sarà uno dei motivi che convincerà il presidente Truman ad autorizzare l’utilizzo dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki.
Dopo la guerra ad Okinawa riprese lentamente la vita, gli americani vi si insediarono e ne detennero il possesso fino al 1972, quando l’isola venne ceduta nuovamente al Giappone; ancora oggi la presenza americana sull’isola è forte (ci sono ancora 5 basi militari americane), movimenti di protesta sono sempre attivi tra gli abitanti che vorrebbero il totale smantellamento delle basi.

Castello Shuri

Anticamente sull’isola vi erano tre regni, dopo numerose guerre, il re del castello di Shuri si impose sugli altri regni e dominò incontrastato su tutto il regno fino all’annessione da parte del Giappone.
Centro politico e religioso dell’antico Regno delle Ryukyu, il castello è andato completamente distrutto durante la Battaglia di Okinawa, in quanto culmine di un’incredibile ragnatela di tunnel divisi in tre principali linee di difesa che avevano lo scopo di rallentare il più possibile l’avanzata americana e mietere più vittime possibili.
Proprio sotto il castello si trovava il Quartier Generale della XXXII Armata (che aveva il compito di difendere l’isola) sotto il comando del Generale Mitsuru Ushijima e del tenente-generale Isamu Cho, quindi la zona fu duramente bombardata e del castello non rimase nulla.
Per nostra fortuna, però, è stato possibile ricostruirlo nei minimi particolari grazie alla presenza dei disegni originali, fatti per la sua ultima restaurazione nel XIX secolo, ed ora è completamente visitabile.
Balza subito all’occhio la grande differenza, a livello architettonico, tra questo castello ed i classici castelli giapponesi, qui infatti fu molto più forte l’influenza cinese piuttosto che quella giapponese e ci ritroviamo di fronte a draghi, troni reali e alla predominanza del colore rosso.

**Purtroppo il Castello Shuri è bruciato in un incendio nell’Ottobre 2019 e sono in corso il lavori per ricostruirloOrario di Apertura: dalle 08.30 alle 20.00
Costo: accesso libero al complesso esterno, Cortile ed edifici interni 820 ¥ 
Map Code: 33 161 526*71 (parcheggio interrato 320 ¥)

Anche gli altri antichi castelli sono visitabili, ma purtroppo questi non sono stati ricostruiti e quindi ne sono visibili soltanto parti delle antiche mura, ma vale comunque la pena visitarli in quanto sono circondati dal verde e hanno ancora una certa atmosfera, inoltre l’entrata è libera.
Una curiosità: nel parco della Residenza estiva del Sovrano, il Giardino Shikinaen non lontano dal castello, si trova un punto d’osservazione molto particolare: un punto posto su una collinetta dove il sovrano delle Ryukyu portava i delegati cinesi in visita per mostrare loro la magnificenza e la “grandezza” del suo regno. Da qui infatti, incredibilmente, non si vede l’oceano in alcuna direzione.

Tsushima-Maru Memorial Museum

La nave Tsushima-maru, alla quale è dedicato un piccolo ma emozionante museo a Naha, porta con se la tragedia di 1788 passeggeri.
Quando fu ormai evidente che Okinawa sarebbe stata la prossima meta dell’avanzata statunitense nel Pacifico, iniziarono i lavori per la costruzione delle difese e alcune navi, con a bordo principalmente bambini ed anziani, salparono alla volta del Giappone.
Il 21 agosto 1944 la Tsushima-maru lasciò il porto di Naha con a bordo 1788 persone, di cui 834 bambini delle elementari.
Il Pacifico, tuttavia, era ormai già diventato un campo di battaglia, la notte seguente la nave venne affondata da un missile proveniente da un sottomarino americano.

Dei 1788 passeggeri della nave 1482 morirono quella notte, a seguito dell’esplosione oppure annegati, gli altri riuscirono a raggiungere a nuoto le coste di qualche isoletta vicina e rimasero lì ad aspettare, ma la maggior parte di loro non fu mai salvata.
Questo piccolo museo, spesso nemmeno segnalato, merita certamente una visita; al suo interno si trovano le foto con le età di tutti i bambini morti sulla Tsushima-maru, alcuni loro attrezzi, come giochi, libri di testo, o oggetti di tutti giorni.
Nel museo si trova anche una piccola riproduzione di come doveva essere una classe delle elementari
ad Okinawa, oltre che a postazioni in cui sentire con le cuffie testimonianze oculari di chi ha vissuto quegli anni.
Sulla collinetta dietro al museo infine si trova un piccolo parco con una lapide commemorativa per i morti della Tsushima-maru.
Orario di Apertura: 09.00-17.00 chiuso il Giovedì
Costo: gratuito per gli stranieri
Map Code: inserire il numero telefonico  098-941-3515

 

Quartiere Generale della Marina Imperiale Giapponese 

Un tunnel semicircolare di 450 metri che ospitava il Quartier Generale della Marina (circa 5000 uomini) nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, situato nella zona di Oroku, vicino all’aeroporto di Naha.
Quando le linee di difesa vennero superate e il Castello Shuri distrutto, il generale Mitsuru Ushijima ritirò i suoi uomini a sud per l’ultima disperata resistenza, allo scopo di prolungare la battaglia il più possibile. Ushijima diede ordine al Contrammiraglio Minoru Ota, che era a capo del Quartier Generale della Marina, di fare lo stesso e abbandonare la posizione ad Oroku.
Ota e i suoi uomini distrussero tutte le riserve di armi e si ritirarono a sud, ma giunti a destinazione si resero conto che la posizione era nettamente inferiore a quella che avevano lasciato, quindi, Ota , sotto richiesta dei suoi uomini, tornò al precedente tunnel a Oroku alla testa di 5.000 soldati per “combattere coraggiosamente e morire onorevolmente“.
Questi uomini erano tutti marinai, non erano addestrati per combattimenti terrestri, inoltre la superiorità di mezzi americana era schiacciante; gli statunitensi attaccavano con lanciarazzi, lanciafiamme, carri armati e carri lanciafiamme, esplosivi e il meglio in fatto di fucili e mitragliatori, mentre i giapponesi si difendevano con bombe a mano, pochi fucili e bastoni con coltelli legati all’estremità.
Ota e i suoi uomini combatterono fino alla fine, seguendo i principi del Bushido, Codice d’Onore dei Samurai (che tra le altre cose non contempla la resa) che, dopo la caduta della casta Samurai, aveva visto i suoi valori estendersi a tutti i giapponesi.
Tutti gli uomini combatterono fino alla fine con attacchi Banzai (cariche vecchio stile con spade e lance contro il muro di fuoco americano) e attacchi Kamikaze (correndo contro il nemico con bombe a mano innescate).
Ota e i suoi 6 sottufficiali diressero gli attacchi fino all’ultimo, poi quando non ci fu più niente da fare, qui in questi tunnel, tutti e 7 commisero Seppuku, il suicidio rituale della tradizione samurai (autosventramento con la spada e successiva decapitazione); era il 13 giugno 1945.
Dopo la guerra i tunnel di Oroku rimasero abbandonati per molti anni, ma nel 1970 vennero aperti al pubblico e ora 250 metri sono visitabili.
I tunnel sono rimasti come erano allora, all’interno si trova ancora il tavolo in legno con le sedie dove si riunivano Minoru Ota e i suoi sott’ufficiali.
Con un po’ di immaginazione, lì, sotto terra, nell’umidità e nel silenzio, si può ancora percepire cosa devono aver provato quegli uomini; in una stanza c’è un muro tutto scheggiato e forato, una targa in inglese ci dice che quelli sono i segni lasciati da un saldato giapponese durante un’attacco Kamikaze, nel tentativo di fermare gli americani che avevano fatto breccia nel tunnel.
Molto impressionante è anche l’uscita posteriore del tunnel che dava nella giungla, da lì i soldati giapponesi entravano e uscivano per attaccare o per portare messaggi.

Durante la Guerra nel Pacifico, le isole di Okinawa furono le uniche isole abitate a subire un’invasione.
Gli abitanti di Okinawa furono travolti dalla guerra: molte migliaia furono arruolati nell’esercito giapponese, tutti gli altri vissero e combatterono nelle numerose grotte naturali dell’isola.
Tutti gli studenti servirono come soldati o come infermieri volontari, oppure come porta messaggi da una grotta all’altra.
La maggioranza della popolazione morì in combattimento, immolandosi in attacchi Kamikaze, chi invece si era rifugiato nelle grotte si suicidò piuttosto che essere preso dagli americani; la propaganda giapponese portava a credere che chiunque si fosse arreso agli americani sarebbe stato torturato, violentato ed ucciso.
Quei pochi civili che tentarono di arrendersi agli americani, vennero, per lo stesso motivo, falciati da raffiche di mitra giapponesi, i quali non accettavano che qualcuno si arrendesse.
Il Contrammiraglio Ota, prima di commettere seppuku, incise una lettera su un muro, parzialmente ancora visibile.
In questo scritto, Ota esprime la sua gratitudine verso la gente di Okinawa, descrive le condizioni disumane in cui hanno vissuto e combattuto queste persone, elogiandoli come leali giapponesi e chiedendo, per questo, che dopo la guerra essi fossero tenuti nella dovuta considerazione, scusandosi con loro per non essere stato in grado di difendere le loro case e le loro vite.
Orario di Apertura: 08.30 – 17.30
Costo: 440 ¥ 
Map Code: 33 036 793*82 

Monumento Himeyuri 

La parola Himeyuri sta ad indicare l’unione di una scuola superiore (Okinawa Daiichi Women’s High School) e una scuola media (Okinawa Shihan Women’s School), unite il 23 marzo 1945 e mobilitate dall’Esercito Imperiale Giapponese per l’imminente scoppio della battaglia.

222 studentesse dagli 11 ai 19 anni, con i loro 18 insegnanti, vennero arruolate come infermiere:
il loro compito era di curare i feriti all’interno delle numerose cave naturali dell’isola, la maggior parte delle quali erano collegate tra loro.
Le ragazze e gli insegnanti erano convinti che l’Esercito Giapponese avrebbe sconfitto le forze americane in pochi giorni, perciò si preoccuparono di portare con se libri e quaderni, per evitare che andassero distrutti in qualche bombardamento, pronte a tornare a scuola a breve.
La battaglia si rivelò ben presto molto diversa dalle loro aspettative, le ragazze passarono tre mesi in quelle oscure grotte, immerse nell’umidità e circondate da morti in decomposizione e feriti.
A metà di giugno 1945, quando la situazione era ormai critica, i giapponesi si ritirarono nel sud dell’isola per preparare l’ultima resistenza e trascinare la battaglia il più a lungo possibile.
Il 18 giugno, consci del fatto che non avrebbero più potuto proteggere né i civile né le ragazze di Himeyuri, i giapponesi diedero l’ordine di smobilitazione alle ragazze-infermiere.
Fino a quel momento solo 19 ragazze avevano perso la vita; la maggior parte colpite dai bombardamenti a tappeto nemici, mentre tentavano di raggiungere altre cave non collegate alla loro sottorraneamente, per portare aiuto e medicinali.
Ma subito dopo l’ordine di smobilitazione la situazione degenerò.
Il 19 giugno, il giorno seguente all’invio dell’ordine, numerose studentesse morirono negli attacchi di artiglieria americana: il conto delle vittime salì a 136 su 240.
Alcune ragazze continuarono a curare i feriti nelle cave e nei villaggi e vennero uccise nell’avanzata americana.
L’avanzata era ormai inarrestabile, e l’esercito giapponese si era schierato in posizione difensiva a sud, per le ragazze di Himeyuri e per i civili,che si trovavano nel mezzo dei due schieramenti avversari, non vi era più via di scampo.
Molte ragazze, per via della propaganda del terrore fatta verso gli americani dai giapponesi, temevano che una volta catturate sarebbero state torturate e stuprate e preferirono, quindi, gettarsi dalla scogliere, oppure lanciarsi in attacchi kamikaze, impugnando granate date loro dagli stessi soldati nipponici; alla fine della battaglia solo poche decine di queste ragazze riusciranno a salvarsi.

Il monumento di Himeyuri, che fu inaugurato il 7 aprile 1946 in memoria di chi morì nella battaglia, sorge nei pressi di una grande cava, una delle principali in cui le studentesse operavano e in cui perse la vita la maggior parte di loro; in questa cava, infatti, vi erano ancora molte studentesse quando i soldati americani vi lanciarono delle bombe ed entrarono sparando a vista, temendo la presenza di soldati giapponesi in agguato.
Il museo, attraverso reperti, video e testimonianze, ripercorre tutte le fasi della battaglia concentrandosi sul punto di vista di queste ragazze, intrappolate in una guerra terribile e non completamente a conoscenza del reale andamento degli scontri.
Orario di Apertura: 09.00-17.00
Costo: ingresso al museo 310 ¥
Map Code: 232 338 091*41

 

Peace Memorial Park

Il Memoriale della Pace si trova nel punto più a sud dell’isola di Okinawa, nei pressi della collina Mabuni di Itoman.
In questo preciso luogo si svolse l’ultimo scontro della battaglia di Okinawa.
La zona è circondata da scogliere e regala una vista incantevole; la densa foresta tropicale che sfocia in piccole spiaggette mozzafiato e il silenzio, rotto solo dal rumore delle onde, donano un grande senso di rilassatezza che rende difficile immaginare gli eventi accaduti soltanto 71 anni fa.
Nella parte più alta del parco, sulla collina, si trovano il National War Dead Peace Mausoleum, oltre ad altri 50 monumenti donati dalle varie prefetture giapponesi.
In questo luogo, dove prima dominava la vegetazione, il Generale Ushijima eseguì il suo suicidio rituale.
Ai piedi della collina si trovano le lapidi di pietra che riportano i nomi delle 240.000 vittime della Battaglia di Okinawa, senza distinzioni di nazionalità o differenze tra soldati e civili.
Di fronte alle lapidi si trova la Fiamma della Pace, simbolo di perdono e tolleranza, che brucia dal 1991. Fu trasportata in questo luogo solo il 23 luglio 1995 ed è composta da tre fiamme provenienti da 3 luoghi simbolo del Giappone: l’isola di Zamami (primo punto di sbarco degli statunitensi nelle Ryukyu), la Fiamma della Pace di Hiroshima e la Fiamma della Pace di Nagasaki (le città sulle quali sono state sganciate le due bombe atomiche).
Il Museo Memoriale della Pace, nelle immediate vicinanze infine, ospita al numerosi reperti, fotografie e videotestimonianze che ricostruiscono tutti i dettagli della battaglia.
Orario di Apertura: 09.00-17.00

Costo: accesso libero al memoriale, Museo Memoriale della Pace 300 ¥
Map Code: 232 342 099*55

 

Isola di Zamami

Zamami è una piccola isoletta di 600 abitanti, ad un’ora di navigazione dal porto di Naha.
Questa isola dove si può nuotare con le tartarughe, per quanto piccola, ha una sua storia da raccontare.
In antichità è stata principalmente usata dai mercanti cinesi che facevano rotta verso il porto di Naha; capita spesso, infatti, che in queste acque si sviluppino tifoni, Zamami rappresentava quindi un perfetto porto sicuro in cui riposare e mettere in salvo navi e carico, in attesa di condizioni più clementi.
Zamami entra però realmente nella storia il 26 marzo 1945. Già perchè l’Operazione Iceberg, l’invasione di Okinawa iniziata il Primo Aprile, parte in realtà il 26 Marzo con l’occupazione di quest’isoletta.
Sulla piccola isola vi era infatti una modesta guarnigione giapponese e gli americani occuparono quest’isola come base d’appoggio per la successiva invasione di Okinawa.
Lo scenario fu praticamente lo stesso che si vedrà poi sull’isola principale: né i soldati né gli abitanti furono disposti a cedere un solo centimetro senza lottare, la conquista di Zamami si risolse in un massacro e in numerosi attacchi suicidi sia militari che civili.
Sulla collina, alle spalle del principale paesino dell’isola, sorge un monumento alla memoria dei caduti di Zamami, dove ogni primavera si svolge la cerimonia commemorativa.
Girando oggi per l’isola, con le sue fantastiche spiagge,le tartarughe marine e un cielo stellato indescrivibile, non si riesce veramente ad immaginare l’inferno che si scatenò in quel piccolo paradiso.

Prezzi ed orari si riferiscono al biglietto intero a Settembre 2016.

5 pensieri su “Okinawa – itinerario storico sulle tracce della Battaglia di Okinawa

  1. Blueberry Stories dice:

    Davvero interessante il tuo post sulla storia di un luogo che, nella mia mente, ha sempre avuto una sorta di "aura magica": ho letto un libro su Okinawa, ma non conoscevo tutte le vicende che hai citato. Grazie per questo viaggio!

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